Ragazza morta in un incidente con la moto nel Barese, arrestato un prete
29/04/2025

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Ragazza morta in un incidente con la moto nel Barese, arrestato un prete

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Per l'incidente stradale in cui il 2 aprile è morta la 32enne rugbista Fabiana Chiarappa, i carabinieri hanno arrestato e posto ai domiciliari don Nicola D'Onghia, parroco 54enne indagato per omicidio stradale aggravato da fuga e omissione di soccorso. La donna viaggiava in sella alla sua moto sulla provinciale 172, tra Turi e Putignano, quando è stata travolta da un'auto finendo fuori strada e colpendo un muretto a secco. Come è scritto nell'ordinanza di custodia cautelare, la donna "era ancora viva" dopo essere caduta ed è morta "solo a causa" dello "schiacciamento" provocato dalla Fiat Bravo guidata da don D'Onghia. Il parroco si era presentato solo successivamente ai carabinieri raccontando che quella sera aveva avvertito un rumore provenire dal pianale dell'auto, ma non si era accorto né della moto né della ragazza.

Dagli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all'incidente, è emersa la presenza di tracce di sangue sull'auto. L'incidente sarebbe avvenuto intorno alle 20:28. E il parroco, verso le 20:30, poco dopo aver sentito il rumore, si sarebbe fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all'auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il sacerdote aveva invece detto di aver appreso dell'incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali, ha deciso di raccontare tutto ai carabinieri.

Don Nicola D'Onghia "stava utilizzando il proprio telefono cellulare mentre si trovava alla guida" si legge nelle 31 pagine del provvedimento di custodia cautelare che ha accolto la richiesta della pm Ileana Ramundo e dell'aggiunto Ciro Angelillis. Dalla analisi dei tabulati è emerso "l'uso continuativo e costante del cellulare alla guida" da parte del prete "impegnato in conversazioni e tentativi di chiamata fino a 11 secondi prima dell'investimento" letale.

A eseguire l'ordinanza che dispone i domiciliari, sono stati i carabinieri. La misura cautelare è stata disposta dal Tribunale di Bari per "pericolo sia di inquinamento probatorio sia di reiterazione dei reati", si evidenzia in una nota.

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